Lettera in risposta ad un articolo apparso su DOMANI dell'11.01.2024

Al Direttore Responsabile del quotidiano Domani
Emiliano Fittipaldi

 

Gentile Direttore,

abbiamo letto con stupore l’articolo di Alessandra Arcuri e Marta Morvillo pubblicato su Domani l’11 gennaio scorso, che prefigura gravi danni per la società, l’ambiente e la biodiversità nel caso la nuova regolamentazione proposta dalla Commissione europea per le piante prodotte con le nuove tecniche genomiche (NGT) basate sull’editing dei geni fosse approvata dall’ Europarlamento. Le due autrici accusano le multinazionali di essere il motore reale della proposta europea e prefigurano le stesse catastrofi indicate da più di trent’anni dagli oppositori dell’utilizzo delle tecnologie del DNA ricombinante per migliorare le piante, catastrofi mai avverate. Spiace sentirle riproporre, portando anche a testimoni “autorevoli scienziati”.

La realtà è molto diversa. Tutte le imprese del mondo dell’agricoltura, siano esse aperte all’innovazione genetica o siano ostili ad essa, fanno il loro mestiere cercando di aumentare le proprie quote di mercato. In effetti, proprio gli altissimi costi per ottemperare a regolamentazioni insensatamente rigide favoriscono le multinazionali a discapito della ricerca pubblica e delle piccole imprese. Ma sono gli scienziati europei delle università e strutture pubbliche di ricerca – ignorati dalle autrici - i principali protagonisti della spinta ad aggiornare una regolamentazione già nata vecchia nel 2001 e diventata drammaticamente obsoleta dopo più di due decenni di imponente sviluppo delle nostre conoscenze sulla genetica delle piante e sulle loro interazioni con l’ambiente. Innumerevoli appelli in tal senso sono stati fatti, con argomentazioni dettagliate, dalle società scientifiche e accademie che rappresentano più del 90% degli scienziati pubblici del settore. Difficile pensare che siano tutti ignoranti o al soldo delle multinazionali.

Le nuove tecnologie genetiche, premiate con il Nobel nel 2020, non minacciano la “ricchezza imperfetta delle varietà locali”. Le varietà locali hanno una produttività molto inferiore a quelle moderne e dunque coltivarle non è generalmente sostenibile. Però possono avere caratteristiche positive nutrizionali o di resistenza agli stress climatici e biologici, che a volte sono presenti nelle piante selvatiche parenti di quelle coltivate, ma si sono perdute con la domesticazione delle piante e durante secoli di miglioramento genetico tradizionale. Ora che conosciamo le basi genetiche di molte caratteristiche perdute, grazie alle NGT possiamo riprodurle con precisione nelle varietà attuali, combinando il meglio del presente e del lontano passato.

Le tecnologie oggetto della proposta di legge in discussione consentono di produrre piante che differiscono dai “vecchi OGM”. Permettono infatti di ottenere mutazioni mirate dei geni, del tutto simili a quelle che avvengono spontaneamente in natura. E permettono di introdurre nelle varietà coltivate, in modo rapido e preciso, geni provenienti da varietà locali o da parenti selvatici che potrebbero essere inseriti anche con l’incrocio tradizionale, ma a prezzo di molti anni di lavoro e risultati incerti.

Lo scopo delle nuove tecnologie è quindi di recuperare e valorizzare la biodiversità, non certo di distruggerla. Per rendersene conto basterebbe leggere i progetti di ricerca pubblica in atto in tutta Europa, Italia compresa.

I principali Paesi grandi produttori agricoli del mondo, indipendentemente dal fatto che fossero favorevoli o contrari all’uso dei “vecchi OGM”, hanno aggiornato le proprie legislazioni per poter utilizzare queste nuove tecnologie nel modo più razionale ed efficace possibile. Preferiamo che l’Unione Europea diventi invece il museo mondiale dell’agricoltura?

 

Portici, 15 gennaio 2024

 

Fiorella Lo Schiavo, Presidente della Società Italiana di Biologia Vegetale (SIBV) e membro della Società Italiana di Genetica Agraria (SIGA)

Silvio Salvi, Presidente SIGA

Daniele Rosellini, Segretario SIGA

Alessandro Vitale, membro SIGA e SIBV